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I "prigionieri"


Una delle affermazioni più comuni alla domanda “cosa ti regala la corsa” é: “la sensazione di libertà!” Oppure “la corsa libera la mente” o ancora “la corsa libera dallo stress”. Io aggiungerei pure che la corsa libera le endorfine che poi migliorano l'umore ma ce ne sarebbero molte altre che sancirebbero il legame tra corsa e libertà. Sembra un paradosso ma in certi casi, rari per fortuna, questa libertà si può trasformare in una vera e propria  prigionia e molto spesso porta all'allontanarsi dalla corsa e dallo sport in generale. A me  sono capitate delle situazioni dove ho potuto davvero vedere in prima persona alcuni casi  che voglio raccontare e per i quali userò nomi di fantasia.

La “cella” del cronometro ad esempio! Nel 2008 al termine della Trevisomarathon  incontrai Lucio che era vistosamente nervoso! Era un mio compagno di squadra ed  eravamo fuori dallo stadio Tenni. Sapevo che aveva tentato un tempo molto impegnativo  realizzando un incredibile 2:59:12 e non riuscivo a capire come mai fosse tanto incazzato. Lucio, sulla soglia dei 50 anni, voleva realizzare il PB che era di un minuto inferiore. Non era affatto felice per una prestazione comunque pazzesca ma al contrario era furibondo. Molto probabilmente l'essere “prigioniero” dei tempi gli ha fatto scordare quanto la corsa l'abbia divertito e fatto stare bene qualche anno prima e come il suo approccio a questo sport avesse modificato tutto. Per la cronaca Lucio smise di fare gare pochi mesi dopo.

La “cella” del dislivello é un' altra situazione simile a quella appena descritta. Sembra davvero surreale ma mi é accaduto davvero! Antonio, che stava seguendo la mia preparazione sui social verso al Maratona di Milano, una sera mi disse che non vedeva grandi dislivelli. A dir la verità ho sempre inserito un collinare nei miei allenamenti infrasettimanali ma in ogni caso era davvero un commento molto incomprensibile. “Scusami-scrissi ad Antonio-io mi sto preparando per la maratona di Milano non per una sky race!” ma lui continuò a farneticare di dislivelli e che l'asfalto non lo voleva vedere etc etc etc. Ero abbastanza perplesso perché davvero era fuori tema ma lasciai perdere chiudendo in fretta il discorso. Poco tempo dopo mi dissero che era ossessionato dagli ultra trail e che per lui non esisteva altro ma che alla fin fine non riusciva a finirne uno. Non so se corre ancora ma non mi stupirei se avesse chiuso.

La “cella” della quantità é un'altra forma di “prigionia”. Ti starai chiedendo cosa diavolo io intenda per “cella della quantità” ma adesso lo capirai. Francesca aveva il chiodo fisso per le maratone e ne correva una ogni tre settimane! Magari le concludeva in 5 ore pensando solamente ad aumentare nel modo più veloce possibile le sue medaglie da finisher. Arrivò la 50^. Poi l' 80^. Poi la 100^ fino ad arrivare a 200 e oltre. Ognuno può fare ciò che vuole sia chiaro ma ho notato che chi entra nel vortice della quantità di maratone corse poi tira fuori sempre questo argomento in qualsiasi situazione. “Ciao Francesca sei stata alla sagra del pesce?” e la risposta della Francesca:”180 maratone fatte con quella di domenica!”.

La “cella” dell'entrare in competizione con chi hai attorno in una gara o con i runner conoscenti é un' altra prigionia in cui ho visto invischiarsi diverse persone e quasi tutte hanno smesso. Ero alla Maratonina di S.Martino quando vidi Marco vestito da running. Era da tantissimo tempo che non lo vedevo anche se mi avevano accennato che correva. Partita la gara me lo ritrovai col fiato sul collo mentre io in quell'occasione, a sole due settimane da una maratona corsa, cercavo solo di correre in recupero i 21 km e 97 metri del percorso. Sentivo dietro di me che Marco aveva il fiatone e un passo molto al di sopra delle sue possibilità ma non capivo sinceramente il motivo per cui vivesse la gara da “impiccato” come si dice in gergo. Poi allungai e non lo vidi più nemmeno dopo la gara. Passarono dei mesi, arrivò la primavera e lo ritrovai ad una maratona. Fu l'ultima per lui perché mi dissero che era in sfida con dei suoi amici e che aveva preso una “bollita” ancora prima di arrivare a metà gara dove poi si ritirò. Sono sempre stato dell'idea che la vera sfida sia sempre contro se stessi e da quella si esce sempre vincenti!

La “cella” a volte si costruisce attorno lentamente, talmente piano che non é semplice accorgersi dell'evoluzione che c'é stata. Quando te ne sei reso conto magari é già tardi. Per cui diamo il vero valore alla passione che abbiamo mettendo via a volte il cronometro e facendo un bel giro senza il gps. Facciamoci un percorso trail con un buon dislivello oppure anche una semplice corsa in campagna perché l'importante é avere buone sensazioni. Corriamo le nostre gare nella quantità che ci interessa ma diamo poco conto a quante ne abbiamo fatte ma quali sensazioni ci hanno lasciato e quante emozioni ci hanno fatto vivere e se vogliamo entrare in sfida facciamolo con la consapevolezza che deve essere una goliardia e non un invasamento in cui finire. Perché la corsa deve rimanere un divertimento, una passione, uno sfogo, un momento tutto nostro dove stare con se stessi, cercare gioia e tutto ciò non può e non deve trasformarsi in un incubo da cui sfuggire.

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